Minuscoli spazi verdi da tenere sul davanzale: kusamono, terrari, kokedama o più ambiziose realizzazioni, basta scegliere quella più in sintonia con sé stessi e la propria casa. Anche se sembrano una novità, non lo sono affatto: sia in Oriente che in Occidente troviamo esperienze di miniaturizzazione del giardino e delle piante con una lunga tradizione (tutti abbiamo presente i bonsai). Addirittura i Penjing cinesi e i Saikei giapponesi sono dei veri e propri micropaesaggi. Nel 1827 il medico londinese Nathaniel Ward, mentre era intento a studiare lo sviluppo delle crisalidi, si accorse che in un barattolo di vetro chiuso era nata e si stava sviluppando la stessa felce che non era sopravvissuta nel suo giardino. La pianta visse per quattro anni, fin quando il coperchio usurato non fece entrare aria che la uccise. Concluso che il motivo della morte all’aperto fosse da imputare al forte inquinamento atmosferico di Londra, Ward cominciò a sperimentare la coltivazione protetta di piante e nel 1842 pubblicò "On the Growth of Plants in Closely Glazed Cases" (Sulla crescita delle piante in contenitori di vetro chiusi) rendendo popolari quelli che vennero poi chiamati Wardian case. Oggi conosciuti con il nome di Terrarium, stanno vivendo una nuova stagione d’interesse grazie anche all’applicazione delle moderne tecnologie che consentono di mantenere le condizioni ottimali di temperatura e umidità. Negli anni ’50 del Novecento una vivaista dell’Essex, Anne Ashberry, creò il primo giardino in miniatura conosciuto. Si trattava di un vero e proprio giardino riprodotto in scala, con tutti gli elementi (piante nane o a crescita lenta, aiuole, pavimentazioni e accessori in miniatura) proporzionati tra loro.
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AutoreScrivi qualcosa su di te. Non c'è bisogno di essere fantasiosi, basta una panoramica. Archivi
Maggio 2022
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